home raccolta supplementi
[ un paio di sguardi ]
Vincent - Quel che intendo dire è che Papà non seppe mai, come non sa ora, e come non saprà mai, quale è l’anima della civiltà moderna. E quale è? La dote eterna che si trova nei grandissimi: la semplicità e la verità.[1]
Dur. 07' 58"
Nel suo ritratto a carboncino di madame Ginoux non c’è traccia della sedia sulla quale sta seduta, e neppure è mostrato su cosa concretamente poggia il braccio[2]; Gauguin si era limitato a raffigurare il busto e il braccio della donna per comporre una figura addensata sospesa nell'aria, come raccolta nella mandorla di un pendaglio da collo. 

I coniugi Ginoux erano i proprietari di un caffè nei pressi della stazione di Arles; ma nel dipinto in cui Gauguin rappresenterà questo ambiente per inserirvi la figura di madame Ginoux studiata al carboncino qualche giorno prima, la donna non ha il rango della proprietaria ma il posto dell’habitué.
E qui, sul tavolo di madame Ginoux, vediamo che un bicchiere di assenzio e un sifone di seltz hanno preso giusto il posto che era dell’ombrellino e dei guanti nella sua posa originaria all’interno della casa gialla.

Ora,
simmetrizzata con una speculare figura nel gruppo di bevitori alle sue spalle, la sua posa la rende tipica dell’ambiente, conforme e dunque partecipe di quel mondo dominato dall’alcool, dal fumo e dal gioco del biliardo.
Il primissimo piano del bicchiere di assenzio mezzo svuotato e la testa appesantita sorretta dal braccio, anticipano per la donna la stessa fine di quell’uomo sul fondo - con il braccio già riverso sul tavolo per accogliere la testa, finalmente reclinata nell’abbandono all’alcool e alla notte…
Mentre alle spalle della donna gli altri clienti sono raccolti nelle loro faccende, in basso, nella penombra, una gatta dal profilo di sfinge completa la quadratura di questo racconto visivo… che forse nasconde un commento nella disposizione delle tre biglie d’avorio sul panno verde del biliardo.
C’è un’intesa d’assuefazione tra tutte le cose notturne di questo caffè, e lo sguardo della donna sembra proprio ammiccare un invito non casto verso l’osservatore…

Se dietro l’arlesiana di Gauguin si apre la narrazione del caffè, dietro quella di Vincent si stende invece una campitura gialla uniforme, simile agli sfondi dorati delle icone sacre che sopprimono, con lo spazio e il tempo reale, ogni narrazione che cercasse di superare il semplice "motivo" di una qualsiasi donna borghese del midì in visita di cortesia in una qualunque casa di Arles.
Van Gogh non ha bisogno d’altro.
Gli basta la realtà e la pittura.

Grande scrittore non meno che grande pittore[3], Van Gogh, era un lettore avido e attento; ma in pittura cercava la verità (gli era a cuore)... e le escursioni di Gauguin fuori dalla realtà e dal colore locale - che potevano sconfinare anche nella studiata costruzione di un caffé di notte per sistemarvi la figura di madame Ginoux - gli mostrò che il suo amico non aveva altrettanto a cuore la verità dello sguardo immediato e che non era sgombro dal fatto letterario e dal simbolismo[4].
Non è così?
E allora leggo: “Voi sapete fare di meglio e sapete che bisogna cercare il possibile, il logico, il vero, a costo di dimenticare un po’ le cose parigine alla Baudelaire. Preferisco Daumier a questo signore![5] – scrive Vincent a Émile Bernard poco prima di confessargli che, tuttavia... 

quando Gauguin era ad Arles una volta o due mi sono lasciato andare a un’astrazione, nella Berceuse[6], [e] una Liseuse de romans, nera in una biblioteca gialla [7]; e allora l’astrazione mi sembrava una via affascinante. Ma quello è un terreno incantato, mio caro! E rapidamente ci si trova davanti a un muro. 
Introdotta dalla presenza di Gauguin ad Arles, è a causa dell'intrusione di una tale capacità dell’astrazione di trasformare guanti e ombrellino rosso in bicchieri d’assenzio e sifoni di seltz se poi Vincent manipolerà a sua volta il primo ritratto in giallo e nero dell’arlesiana per trasformare un 'paio di guanti' in "cose parigine alla Baudelaire", come... 'un paio di libri'… ad esempio?…
[1] - Vincent a Theo, Nieuw-Amsterdam 5 novembre 1883 (n. 403-339a).
[2] - Sul tavolo del suo caffè di notte, che dipingerà dopo qualche giorno, un bicchiere di assenzio e un sifone di seltz prenderanno giusto il posto dell’ombrello e dei guanti?
[3] - Artaud dice “Scrittore”, non romanziere o letterato (cit. p. 39). Van Gogh scrive per la stessa ragione per cui dipinge: solo per mantenere una corrispondenza con l’uomo: soltanto per mantenersi uomo. Anche riguardo al paesaggio, al mare preferisce la campagna: perché è abitata – dice Vincent da qualche parte.
[4] - Cfr , l’opinione di Cézanne su Gauguin, infra  nel §[un paio di lapidi].
[5] - Vincent a Bernard, Saint-Rémy, 26 novembre 1889 (n.822-B 21). Il dispreggiativo "questo signore" sembra potersi riferire sia a Gauguin che a Baudelaire (che trenta anni prima sulla pittura di Millet si era espresso in modo così severo che Vincent non poteva certo condividere - e perdonare? - Vedi Materiali, qui sotto.
[6] - Madame Roulin (la Berceuse)
[7] - V. Van Gogh, Lettrice di romanzi, Arles, dicembre 1888, olio su tela, cm. 73x92, F 497, Giappone, coll. priv. - In questa brevissima lista Vincent avrebbe forse potuto aggiungere anche l’arlesiana con libri, F 488? Vedi paragrafo successivo.
In alto - Paul Gauguin, Caffè di notte ad Arles (Madame Ginoux), Arles 4-12 novembre 1888; olio su tela cm. 73 x 92; Mosca, Pushkin Museum.



PARAGRAFO successivo



§ [ un paio sguardi ]
Nota 5 - “Millet cerca essenzialmente lo stile; non lo nasconde, ne fa mostra e se ne gloria.  Ma una parte del ridicolo che troviamo negli allievi di In gres, cade anche su di lui. Lo stile gli porta sfortuna. I suoi contadini sono dei pedanti che hanno un’opinione troppo alta di sé. Ostentano una sorta d’abbrutimento cupo e fatale che m’invoglia ad odiarli. Mietano o seminino, facciano pascolare le vacche o tosino animali, hanno sempre l’aria di dire: ‘Poveri diseredati di questo mondo, eppure siamo noi che lo fecondiamo! Adempiamo una missione, esercitiamo un sacerdozio!’. Invece di mettere semplicemente in luce la poesia propria del suo soggetto, Millet vuole ad ogni costo aggiungervi qualcosa. Nella loro monotona bruttezza tutti quei piccoli paria hanno una pretesa filosofica, malinconica e raffaellesca. Questo difetto guasta, nella pittura di Millet, tutte le belle qualità che da principio attirano lo sguardo” [Charles Baudelaire, Esposizione del 1859, in Scritti di estetica, a cura di Giovanni Macchia, Santoni Editore, Firenze 1948, p. 133-134]
GUANTI DISPARATI OGGETTI PERSONALI IN PELLE E OSSA
parte terza H.D.S. MAROQUINERIES